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L’UE vuole vendere l’olio sfuso: ma l’Italia si oppone

lentepubblica.it • 3 Agosto 2022

ue-olio-sfusoA farsi carico dell’appello contro la decisione dell’UE di voler vendere l’olio sfuso associazioni di categoria come Agrinsieme e Fedolive: scopriamone di più.


Respingere la proposta della Commissione Ue di autorizzare la vendita di olio d’oliva sfuso su base volontaria che mina qualità e sicurezza dei consumatori.

Questo il fronte comune che si sta sviluppando tra le associazioni di categoria in Italia, che non vedono nessun beneficio tangibile in questa decisione.

Scopriamone di più.

L’UE vuole vendere l’olio sfuso

In sintesi la proposta della Commissione europea è quella di autorizzare la vendita di olio sfuso con l’obiettivo di diminuire la quantità di imballaggi utilizzati e quindi di essere più sostenibili.

L’ipotesi dell’UE prevede la modifica del Regolamento di esecuzione 29/2012, che andrebbe così ad impattare non solo sugli imballaggi ma anche sulla filiera produttiva.

Tuttavia alle associazioni la proposta sembra tutto fuorché sostenibile, e in svariati appelli stanno manifestando la contrarietà a questa decisione.

Le proteste di Agrinsieme e Fedolive

Il coordinamento Agrinsieme, che riunisce quasi tutte le principali sigle dell’agricoltura italiana – Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari – ha scritto una lettera al ministero della Politiche agricole chiedendo che l’Italia a Bruxelles dica no alla proposta di modifica.

Per Agrinsieme, il primo rischio riguarda la qualità dell’olio d’oliva e la sicurezza sanitaria per il consumatore che sarebbero compromesse dalla commercializzazione del prodotto in bottiglie aperte e riutilizzabili. Modalità che non darebbero alcuna garanzia neanche sul rispetto delle norme igieniche.

La proposta della Commissione Ue aumenterebbe anche il rischio di frodi,  poiché risulterebbe molto difficile, se non impossibile, monitorare la qualità dell’olio d’oliva rimanente nel contenitore dopo la sua apertura. Ad essere compromessa sarebbe poi la trasparenza nei confronti dei consumatori, che non avrebbero garanzie sulla corrispondenza tra quanto indicato in etichetta e quanto contenuto nella bottiglia riempita.

Tutto ciò – specifica Agrinsieme nella missiva al Mipaaf – vanificherebbe gli sforzi degli operatori del settore che nel corso degli anni hanno lavorato duramente per garantire la qualità dell’olio d’oliva immesso sul mercato e investito nella sensibilizzazione su qualità e valori nutrizionali di questo prodotto di eccellenza e simbolo della dieta mediterranea.

L’appello viene rilanciato anche da Fedolive, la Federazione europea delle industrie olearie, nega ogni beneficio tangibile, sostenendo anzi rischi per la tutela dei consumatori.

L’impatto ambientale dell’imballaggio non sarà eliminato o ridotto al minimo se l’olio d’oliva sarà venduto sfuso, poiché sarà nuovamente confezionato in contenitori nei negozi, come altri prodotti venduti sfusi nei punti vendita al dettaglio, che ovviamente non saranno controllati come le confezioni standard di olio d’oliva per verificare la conformità con le normative ambientali“, ha scritto l’organizzazione in una nota a Wolfgang Burtscher, che guida la Direzione generale dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale.

 

Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it
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